Il nuovo spirito del capitalismo (Mimesis) by Luc Boltanski Ève Chiapello

Il nuovo spirito del capitalismo (Mimesis) by Luc Boltanski Ève Chiapello

autore:Luc Boltanski, Ève Chiapello [Luc Boltanski, Ève Chiapello]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2015-05-25T04:00:00+00:00


Conclusione: la fine della critica?

È necessario mettere da parte rapidamente le illusioni coltivate negli anni settanta e ottanta circa una versione “di sinistra” del capitalismo. La ristrutturazione del capitalismo, se nei suoi aspetti esaltanti, creativi, proliferanti, innovatori e “liberatori” ha permesso, in un primo momento, di ristabilire delle motivazioni di impegno e coinvolgimento, lo ha fatto solo a livello individuale. Le opportunità di sviluppo del sé sono andate di pari passo, come si è visto, con l’esclusione di coloro, individui o gruppi, che non disponevano delle risorse necessarie per coglierle e, di conseguenza, con un incremento della povertà e delle disuguaglianze.

Il capitalismo ha beneficiato, nel corso di tale processo, sviluppatosi negli ultimi vent’anni, dell'indebolimento della critica. Quali sono oggi le possibilità di assistere a un rilancio della critica in grado di ottenere non solo il dispiegamento di un minimo di dispositivi di sicurezza ma anche una limitazione più efficace dello sviluppo di un capitalismo distruttivo? Per abbozzare una risposta a questa domanda si deve ricordare come uno degli aspetti particolari della crisi della critica risiedesse nel fatto che essa aveva mobilitato, allo stesso tempo, la critica sociale e quella artistica.

Nel caso della critica sociale, gli spostamenti del capitalismo hanno generato un mondo difficile da interpretare e al quale è arduo opporsi attraverso gli strumenti creati nel corso del secolo precedente dai movimenti di protesta e basandosi, dal punto di vista ideologico, sulla tassonomia delle classi sociali che si era imposta dopo la Seconda guerra mondiale e, dal punto di vista pratico, su movimenti politici e sindacali in grado di diffondere un’interpretazione della società diversa da quella proposta dalle élite economiche. Tali difficoltà sono state aggravate dall’implosione, a livello mondiale, dei regimi comunisti e dai problemi incontrati, in Europa occidentale, dallo stato sociale, legati in gran parte alle strategie di sviluppo di un capitalismo all’offensiva che, dopo il crollo del comunismo, era nelle condizioni per lasciarsi alle spalle il compromesso stretto con lo Stato, dopo la crisi degli anni trenta, per rafforzare la propria legittimità o, più semplicemente, per sopravvivere.

Nella seconda metà degli anni ottanta, con la fine della guerra fredda, il capitalismo si è trovato solo, senza che gli si potesse opporre alcuna alternativa credibile. Un simile punto di vista non è manifestato solo dagli esponenti di un capitalismo trionfante ma è stato fatto proprio anche da molti militanti e simpatizzanti dei vecchi partiti di sinistra che, in maggioranza, specie se provenienti da partiti comunisti in rapido declino, erano desiderosi, per conservare una legittimità sempre più in crisi, di dimostrare come avessero rinunciato alla violenza rivoluzionaria, al progetto di un cambiamento sociale radicale, alla proiezione nel futuro della società ideale e dell’uomo nuovo, a un “radioso avvenire” che il pieno riconoscimento degli orrori che avevano accompagnato l’edificazione della società sovietica - peraltro noti, per chi voleva conoscerli, da più di cinquant’anni - rendeva odioso, chimerico e, allo stesso tempo, ridicolo.

In diverse aree periferiche del sistema-mondo, movimenti di varia importanza hanno portato avanti una critica, ricorrendo in molti casi anche alla



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